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Nightswim Talks | 3 | Dade

SARÒ SEMPRE DALLA PARTE RIVOLUZIONARIA





NS Talks: Buongiorno Dade, benvenuto a Nightswim Talks! Ci racconti come ti sei appassionato alla musica, il primo strumento che hai suonato, il primo disco comprato… e la Torino di quegli anni, quel grande fermento che ha fatto nascere un’intera scena musicale.


Allora, io ho iniziato, diciamo, la mia carriera di musicista abbastanza per scherzo, perché ero un ragazzino di 13 anni che giocava a calcio, anche bene. Giocavo nel #TorinoFC, e la mia vita sembrava quella: destinata a essere una delle tante di ragazzi di periferia che provano a fare i calciatori. Dopodiché un giorno mio fratello, con lungimiranza, che è sempre stato un po' un padre acquisito per me, un secondo padre, mi ha regalato – che invece era molto appassionato di musica, suonava la chitarra – mi ha regalato il giorno del mio 14° compleanno, me lo ricordo, un basso Sakura, che però avrà pagato 100.000 lire, e un disco. Io non ascoltavo musica, ascoltavo musica proprio, cioè, la musica era una cosa a cui non davo mai importanza. Non ero appassionato, pensavo solo al calcio, calcio, calcio. Mi ha regalato questo disco, che è stato poi il disco della mia vita, cioè quello che mi ha portato a cambiare totalmente la mia vita. E sono qua adesso, a 46 anni, grazie a quel disco lì, che è Blood Sugar Sex Magik dei Red Hot Chili Peppers. Ho avuto una specie di folgorazione totale, come quando ti innamori di una donna a prima vista, non so, non riuscivo... Mi ricordo che entravo in quel disco con la testa, seguivo ogni singolo strumento, seguivo ogni singolo passaggio, cominciavo a capire le cose all'interno di una canzone, i passaggi tra un ritornello, una strofa, sentivo il cantante, insomma l'ho studiato come... come se fosse la Bibbia, no? E ovviamente, ho provato a suonarci il basso sopra. Il problema è che quello ha all'interno praticamente il bassista più grande della storia dell'universo, secondo me, che è #Flea. Quindi le parti di basso erano veramente super difficili. Io riuscivo a malapena a mettere le dita sopra le corde, quindi mio fratello, ovviamente, all'inizio mi è stato molto utile perché mi ha insegnato che cos'è, come sono le corde... Sono partito da zero, quindi mi-la-re-do, e ovviamente mi dava da suonare delle robe più semplici, ma io volevo, invece, suonare quella roba lì. Beh, sta di fatto che comunque per praticamente un anno e mezzo io non ho ascoltato altro e non ho fatto altro che suonare quel disco lì e dopo un anno e mezzo ero diventato una furia, perché poi a quell'età sei, non so come dire, sei molto più malleabile, sei... hai un entusiasmo diverso, hai un cervello diverso, un'energia proprio diversa. Io dopo un anno e mezzo che stavo su quel disco ero veramente in grado di suonare il basso e lo suonavo, devo dire, veramente bene, cioè cosa che adesso ma neanche la metà riesco a fare di quello che facevo a quel tempo.


Dopodiché sono arrivati, diciamo, gli amichetti e tutti quanti dicevano "facciamo una band, facciamo una band", ma nessuno sapeva bene, diciamo, il perché. Semplicemente volevamo farla, più che altro, perché ci annoiavano, era una periferia molto noiosa. I primi anni ‘90 a Torino erano ancora un po' scuri. Arrivavamo ancora dagli anni ‘80 di #Torino che erano veramente l'inferno nero di una metropoli proprio super grigia. E abbiamo formato questo gruppo che si chiamava, e si chiama, Linea 77, così a casaccio. Questo ancora durante il periodo in cui io cercavo di diventare bravo, ecco, quindi agli inizi ci siamo detti "io suono il basso", su questo ero sicuro, gli altri vabbè "io canto”, “io suono la batteria”, “io suono quello". Andavamo in saletta, appunto, alla Dracma Records a Torino, prendendo, appunto, la linea 77, il pullman, e da lì è nato tutto, poi da lì è nato tutto. E nel giro di pochi anni, nel giro di un paio d'anni, 2 o 3 anni, abbiamo cominciato a scrivere le nostre canzoni, abbiamo cominciato a essere veramente una band. Però è tutto nato così, molto per scherzo. Io ripeto, se non ci fosse stato quel disco lì, probabilmente adesso starei a fare un altro lavoro. Però, per fortuna, mio fratello mi ha fatto quel grande regalo.


Poi ovviamente mi sono cominciato ad appassionare alla musica in generale e ho cominciato a comprare compulsivamente dischi su dischi su dischi. Mi ricordo che il sabato pomeriggio mio fratello – che aveva la macchina perché aveva 21 anni – mi portava in centro a Torino, andavamo nei negozi di dischi a spulciare vinili, spulciare i cd e molto spesso io compravo cose totalmente a caso, per la curiosità, non so, anche magari solo la copertina mi piaceva, lo compravo, poi mi rendevo conto che era un disco pazzesco. Però mi ricordo che il mio primo – io non avevo soldi perché ovviamente non è che lavoravo, i miei mi davano una paghetta inutile, ecco – mi ricordo che il mio primo disco invece l'ho comprato, il mio primo vinile l'ho comprato a un concerto, ed è ancora uno dei vinili a cui sono molto molto affezionato. Era un sette pollici, quindi quelli piccoli, di una band di nostri coetanei che si chiamano i #Bellicosi ed è una enorme band punkrock torinese. Veramente, secondo me, è precursore di tantissime band, però ovviamente non sono mai riusciti a fare molto, se non a livello indipendente nel circuito. Ho visto questo concerto e lì ho scoperto proprio il punkrock invece: batteria veloce, il cantante che urla, però canta anche melodico, i testi assolutamente super poetici, però metropolitani. Insomma quel disco anche mi ha abbastanza aperto la testa in due. Poi siamo diventati molto amici e da lì in poi diciamo che il mio, il mio essere, come dire, un fruitore di musica è diventato, sotto certi punti di vista, anche un problema: c'ho una parete di vinili, una parete di cd che adesso sono, nel 2023, sono degli oggetti che occupano spazio in casa, ma una volta invece erano proprio una biblioteca di cultura incredibile.



NS Talks: Hai menzionato Blood Sugar Sex Magik dei Red Hot Chili Peppers, l’album che ti ha formato, e che è stato prodotto dal leggendario Rick Rubin. A un certo punto della tua carriera decidi di fondare una casa di produzione musicale, la INRI. Da dove nasce il bisogno di dedicarti anche alla parte produttiva?


Ora la mia storia diciamo invece come produttore musicale ha due sfaccettature, nel senso che io sono stato un produttore esecutivo, diciamo, e poi proprio un produttore artistico. Mi ricordo che nel 2010 più o meno, sì, 2010, fine 2010 - inizio 2011, era nata in me questa grande voglia di cominciare ad avere un'etichetta mia. Mi rendevo conto che ero circondato da una marea di artisti, band, cantautori, rapper, insomma Torino era florida di brutto, nonostante avesse chiuso un po' il periodo di gloria di Torino, che è stato comunque, diciamo metà degli anni ‘90, dal 95 al 2002 successe un “disastro” in quella città. Siamo usciti con un sacco di band, un sacco di band sono uscite dalla città, quindi #Subsonica, noi, i #Bluebeaters, gli Africa Unite, i Mau Mau. C'era veramente una scena incredibile, eravamo il polo assoluto della musica italiana. Poi questa cosa è un po' andata a scemare, però io nel 2010 mi sono reso conto che avevo comunque intorno a me un bacino pazzesco di artisti e io ormai avevo un'esperienza, perché, comunque, erano dodici anni che ero in giro in Europa con i Linea 77, avevo fatto già quattro dischi in #America, ne sapevo di musica, e mi rendevo conto che le major invece a quel tempo erano ancora proprio indietro anni luce qua in Italia, ma proprio indietro, indietro, indietro con degli A&R talent scout che non avevano una minima idea di cosa fosse in realtà la musica vera, quella del momento. Io sì, io sì.


Quindi ho deciso, ho detto a mio fratello, che è sempre stato il mio socio in tutto, e a un mio caro amico che si chiama Pietro Camonchia, che poi è stato il manager dei Linea 77 da 30 anni ormai, abbiamo deciso di fondare un'etichetta discografica che si chiama, che abbiamo deciso di chiamare #INRI, potrebbe essere Il Nuovo Rumore Italiano, ecco, come acronimo. Lì ho cominciato proprio a fare un po' il produttore, quasi più un talent scout, diciamo, perché io mi sono sempre occupato della parte artistica, non ho mai voluto saperne di contratti, burocrazie, soldi, è una roba che non mi piace, non so gestire. Per fortuna c'era mio fratello e Pietro che facevano tutta quella parte, io mi occupavo di tutta la questione artistica. A quel tempo mi ricordo che, ad esempio, vidi questa ragazza che lavorava in questo bar, lei si chiamava Claudia, che poi è #Levante, e mi ricordo che ha fatto un concerto in una libreria, eravamo in quattro a vederla, e io lì ho capito che questa ragazza aveva qualcosa, assolutamente. E la fermai subito. "Facciamo un disco insieme". Nel frattempo avevo scoperto anche Bianco, Alberto Bianco, il cantautore pazzesco, a un concerto da Giancarlo ai #Murazzi alle due di notte. Ho detto "Mamma mia, sei tu, firma subito qua". Poi c'erano i Treni all'alba, c'erano i #Titor. Insomma, nel giro di sei mesi avevamo sei band, sei artisti, sei realtà e ho cominciato a farli conoscere. Tant'è vero che ho detto: "Claude’, il tuo primo disco non lo voglio produrre io, non c'ho voglia, non c'ho tempo, devo fare altre cose. Lo faccio produrre a Bianco”, che invece era un cantautore, però ne sapeva molto di musica. Ho detto: "Albì, aiuta Claudia ad arrangiare i suoi brani, chitarra e voce", ed è nato Manuale distruzione, poi l'album che ha fatto esplodere Claudia e in qualche modo anche INRI. Da lì in poi la mia, diciamo, carriera è sempre stata quella divisa in due: suonavo nei Linea 77, sempre basso, eccetera eccetera, e producevo gruppi. Producevo vuol dire che prendevo degli artisti che mi facevano sentire delle cose, rarissimo che io abbia preso qualcuno che mi mandava dei demo, cioè di solito dovevo essere io a scoprirli e li scoprivo per caso andando a vedere dei concerti. Magari erano la band che supportava un altro gruppo più grande, mi piacevano e andavo a conoscerli, "volete lavorare insieme?", eccetera eccetera e creavo delle connessioni. Poi con tutto il nostro mondo abbiamo cominciato a prendere delle persone, a farle lavorare, quindi a mettere una persona dedicata a Claudia che si occupasse di lei, che si occupasse di lei vuol dire che si occupasse di tutto di lei, cioè mi serviva un arrangiamento d'archi, dovevamo trovare chi gli faceva l'arrangiamento d'archi. Non sapevi come fare la copertina, il fotografo, sentivo tutto. Io gestivo tutto. Quindi, prendevo un fotografo, gli facevo fare le foto, le foto le davo al grafico, il grafico faceva la copertina, per la copertina poi facevo il videoclip, sentivo quel videomaker, insomma gestivo insieme ai miei soci, diciamo, tutto l'apparato che sta dietro a un disco. Fino a che ho avuto un rifiuto totale della musica. Cioè, ma questa cosa è un po' ciclica in me. Nel 2015 mi sembra, 16, non mi ricordo, ho detto "basta, io voglio cambiare vita, mi fa schifo tutto, non ce la faccio più". E ho aperto, ho deciso di aprire un bar, un ristorante, un localino, localino ai Docks Dora, a Torino, con la mia compagna. Abbiamo aperto questo localino e mi sono poi, diciamo, un anno dopo mi sono reso conto che non ero proprio portato per quello lì. Io che ero sempre stato sui palchi, c'è, pensavo fosse molto diverso. A parte la questione economica che non ci tiravo fuori un ragno dal buco, nonostante era sempre pieno, perché comunque ho fatto anche delle serate incredibili là dentro, ma proprio non mi piaceva.


NS Talks: E poi arriva una telefonata inaspettata…


Sì, era il 2015, sì, 2015, 2016, inizio 2016, a un certo punto mi è arrivata una chiamata assolutamente inaspettata. Avevo smesso anche di suonare il basso, figurati, che con i Linea eravamo in pausa, ero proprio in crisi nera, non so come dire. A certo punto mi arriva una chiamata al telefono, ed era #Salmo. Così, in un pomeriggio, alle cinque di pomeriggio, nel mezzo di niente, mi ha chiamato Salmo. Mi ha detto: "Oh, guarda che io ieri sono stato a Torino a suonare e ho conosciuto un tuo amico che si chiama Compa, Davide Compagnoni, che suona la batteria. Io sto cercando un bassista e lui mi ha fatto il tuo nome. Cosa ne pensi? Vuoi venire a suonare con me?" Ma proprio così. Cioè ci siamo conosciuti così, “Ciao, piacere, sono Salmo”, “Ciao, sono Dade”, e mi ha fatto questa frase e io ho fatto tipo tre secondi di silenzio e ho detto: “Sì, vengo!” “Ok! Cominciamo la prossima settimana." “Perfetto!” "Ciao!" “Ciao!” Boom! Chiusa la telefonata e poi quella sera stessa ci ho pensato, ho detto: "Minchia, ma che roba strana che è successa, no?" Oh, sta di fatto che io la settimana dopo sono andato a #Milano per la prima volta e ci siamo chiusi in sala, abbiamo cominciato a riarrangiare tutti i suoi brani del disco che era #Hellvisback, sì Hellvisback, e da lì in poi… adesso io sono otto anni che suono insieme a lui, ho prodotto delle cose per lui, con lui, e siamo diventati ovviamente amici. Adesso Mauri (Salmo, ndr.) per me è un amico, più che un artista con cui suono. Certo, è un artista con cui suono, però prima di tutto è un amico. Abbiamo condiviso un sacco di vita insieme, comunque, e sono otto anni ed è stata un po' la mia rinascita, no. Tanto è vero che lui, è stato lui poi a dirmi: “Dade, ma scusami, ma perché tu non fai il producer? No, artistico proprio”, perché il producer, io che arrivo da una band, è sempre stato una figura un po' strana, no. Perché negli anni ‘90, ma anche 2000, così, i produttori ti mettevano in studio – io ho lavorato anche col produttore dei #Korn, dei #Deftones, si chiama Toby Wright. In America abbiamo fatto un disco, due mesi, ci ha messo lì: "Ragazzi dovete suonare come delle macchine finché non è tutto assolutamente perfetto", e noi abbiamo fatto quello. Ci tirava fuori il meglio da noi, no. Però non ha mai messo le mani nella musica vera. Invece Maurizio, Salmo, mi ha insegnato a fare il producer soprattutto di un altro genere, che poi è il rap, l’hip hop all'inizio, che poi è sfociato proprio un po' nello urban e nel pop, fondamentalmente, e nell'elettronica, eccetera eccetera.


Adesso io con, diciamo, la mole di musica che conosco, la mole di conoscenze che ho, io posso produrre qualsiasi tipo di musica, dal #jazz all'afro beat, fino all'elettronica, l'hip hop, il rock, il metal, eccetera. Poi ovviamente ho i miei mondi preferiti, però ho acquisito una competenza molto molto completa. E lui stesso, proprio mi ricordo nei backstage dei concerti, mi insegnava le cose, mi diceva "questa cosa la devi far così, la batteria se la fai in questo modo suona molto meglio, il basso deve essere più vuoto". All'inizio proprio mi ha preso per mano, mi ha insegnato quei due tre trucchetti. Poi ovviamente io sono stato molto ricettivo. Nel giro di sei mesi avevo capito abbastanza... un bel po' di cose. E lì è successo che mi ha chiamato la #Sugar per fare una session insieme a Gualazzi, Raphael Gualazzi, il pianista. Sono andato una mattina lì, gli ho fatto sentire quattro produzioni mie, ho detto “scegliamo questa”. L'abbiamo fatta scritta, il pomeriggio stesso selezionato per #Sanremo, che è Carioca. E da lì in poi quindi sono finito a Sanremo come producer di Gualazzi con un pezzo brasiliano super pop, però comunque in cassa dritta, una roba abbastanza folle. E lì l’Universal mi ha messo sotto contratto proprio come producer, come autore di musica. Adesso sono tre, quattro anni che sono insieme a loro. Ho prodotto negli ultimi anni almeno 80, 90 canzoni di artisti vari. Nel frattempo ho cominciato a lavorare con Margherita Vicario, che comunque è stata la cosa più grossa che ho fatto, più potente perché è stata proprio una metà. Cioè, Marghe è un po' rinnata, anche grazie a me. Lo dice anche lei, non mi voglio prendere delle cose che non mi competono, però in realtà è vero: tutto è stato fatto in due nel suo nuovo percorso. Poi la faccia è lei, ecco, però abbiamo sempre fatto tutto insieme fino ad arrivare adesso che sono, come dire, uno dei tanti producer che ci sono in Italia, faccio il mio, ho trovato il mio equilibrio ecco.




NS Talks: Torniamo ai Linea 77. C’è un paradosso che riguarda la tua band: avete raggiunto una fama incredibile all’estero, avete collaborato con i più grandi gruppi della scena new metal, ma in Italia per anni siete rimasti una band di nicchia. Come te lo spieghi?


Allora, noi siamo, guarda... per una casualità... tra l'altro innanzitutto mi ricordo che ovviamente come tutte le band spedivano i nostri demo all'estero, cioè spediamo i nostri demo a tutte le etichette che c'erano, ma questo via posta, eh, proprio la cosa rossa per strada che dovevi imbucare la busta gialla che conteneva il disco, eccetera. E il fatto che l'abbiamo mandata a un po' di etichette, e un'etichetta di Nottingham – Earache Records, ci ha risposto, abbastanza subito, e ci ha messo subito sotto contratto. "Voglio farvi un contratto". Noi avevamo... cioè stavamo facendo qualcuno il militare, qualcuno il servizio civile, io stavo facendo il servizio civile, che ci è arrivata la richiesta appunto da Nottingham, dall'Earache: "Voglio firmarvi e vi facciamo fare un tour di 32 date in 33 giorni, il prossimo mese". Io ho detto proprio ai tipi, questa era la CISL, al sindacato facevo servizio civile, ho detto: "Ciao! Io me ne vado!" Cioè, neanche gliel'ho detto, me ne sono andato, li ho chiamati poi dall'Inghilterra. E' nato tutto così: abbiamo fatto questo mastodontico tour di 32 concerti in 33 giorni, vero! Con un furgone scassato, è stata la cosa più stancante di tutta la mia esistenza. Non penso che farò mai niente di così stancante. Però è ovvio che a quel punto, al 32º giorno, volavamo sul palco, eravamo delle specie di Jedi, capito, era proprio... c'era un'energia su quel palco e quella band obiettivamente al di sopra di tanti altri. Vabbè, sta di fatto che nel giro di tre anni siamo diventati, siamo arrivati a essere quinti nella classifica totale dei dischi più venduti in Inghilterra. Risultati incredibili. Abbiamo fatto... ci hanno messo a fare un tour di supporto ai Soulfly, che eran l'altra band, diciamo dopo i Sepultura, di Max Cavalera. Abbiamo fatto tutto l'Est Europa, Romania, Albania, Bulgaria, Russia con loro. Abbiamo fatto una grande tournée con i Lostprophets. Insomma abbiamo fatto anni e anni di concerti in Europa, finché qualcuno in Italia ha detto "Oh, raga, ma questi qua sono di Torino però, cioè, com'è possibile che tutto il mondo se ne accorto e gli unici che non ce ne siamo accorti siamo noi?" Perché noi avevamo fatto tutti i pezzi in inglese e un brano, due brani in italiano. Vabbè, sta di fatto che a un certo punto qualcuno di MTV – non so bene chi, non me lo ricordo, mi ricordo che c'era anche Victoria Cabello di mezzo, però non mi ricordo – ci ha invitato a fare l’MTV Day a Bologna. Ecco, ogni tanto io adesso, vent'anni dopo, io lo riguardo quel concerto... e non so se tu l'hai mai visto, ti consiglio di guardarlo perché eravamo veramente degli alieni sbarcati su un pianeta assolutamente... che ci guardava diceva "Ma che cazzo succede? Cioè cosa state facendo?" Perché tu immagina MTV Bologna, c'era comunque tutta la crema, diciamo, degli artisti italiani con la musica italiana e poi a un certo punto arrivano i Linea 77, cioè noi e si vede proprio nel video di YouTube, vedì questo polverone che si alza e copre tutto il palco perché la gente è impazzita, no. Cioè avere una band che canta in italiano, quindi riesco a capirti anche, e fa quel genere di musica che tutti quanti ascoltavamo, però era prettamente americano o inglese, non c'era, la gente non ci credeva. Tant'è vero che poi la prima canzone che abbiamo scritto, la seconda canzone che abbiamo scritto in italiano, che è Fantasma, perché l'abbiamo scritta nel 2001, sì, la fine del 2001, è diventata un inno generazionale, e come hai detto anche tu, Hell Raton che qualche anno fa, non mi ricordo, due anni fa, un anno fa, l'ha ripresentata diciamo a X-Factor, a noi sono arrivati... ci è arrivato un affetto incredibile. Lì abbiamo capito che abbiamo segnato proprio una generazione che ci scrive "Cazzo, ci mancate di brutto! Quel periodo è stato incredibile." Leggere tutto quello che ha fatto quella canzone è pazzesco, perché poi ti arrivano tutti i racconti, è veramente bello, veramente bello ed emozionante. E dopodiché, dopo quel MTV Day lì, i Linea 77 finalmente sono stati riconosciuti in patria. Quindi abbiamo poi collaborato con i Subsonica, che sono dei nostri amici di Torino da sempre, e anche lì 66 è diventata una grande canzone che ha aperto le strade anche dei featuring. No, al tempo non è che si facevano molti featuring. Due band fanno un pezzo in undici, era una roba assurda. Poi abbiamo fatto quel video occupando Piazza Castello, senza dire niente a nessuno, la voce si è sparsa, dei ragazzini che saltavano la scuola per venire lì – è stata una giornata incredibile. E ancora un video ben documentato di una giornata pazzesca. E dopodiché abbiamo cominciato ad andare in America, dopodiché sono arrivate le major a darci dei soldi. Mi ricordo che i primi soldi che ci hanno dato sono stati 50… 60.000€ per fare il disco, che per noi erano miliardi. Beh siamo riusciti a doverne mettere ancora noi di tasca nostra perché li abbiamo spesi tutti. Siamo andati due mesi in America: villa con piscina, vaffanculo, quindi abbiamo preso una villa con piscina, siamo stati due mesi in America col produttore più grosso che c'era al momento, c'è Toby Wright, che ha fatto anche Justice For All dei Metallica, ha fatto i Korn, ha fatto gli Alice in Chains... ci ha raccontato... ci ha fatto vivere delle situazioni assurde tra cui uno, ad esempio, mi ricordo, un pomeriggio ci ha portato a casa Ray Manzarek dei Doors a Los Angeles a fare un aperitivo su sto tetto e ti giuro, quel pomeriggio io me lo ricorderò per sempre. Un aperitivo, i Linea con Ray Manzarek dei Doors, sul tetto di Los Angeles al tramonto, che ci racconta storie che va beh, ciao... se ci ripenso a queste cose, veramente sono robe assurde. E insomma da lì in poi abbiamo cominciato a fare questi dischi con una major. Poi è arrivato tipo, esempio facciamo il featuring con Tiziano Ferro, Tiziano Ferro l'ha fatta... insomma il 2008 è stato l'anno in cui abbiamo fatto più cose e abbiamo fatto mi ricordo 156 concerti quell'anno in Italia, figurati quanto. Un giorno ogni due, nel senso un giorno sì e un giorno no, praticamente, e più tour all'estero, eccetera eccetera. E poi il 2010, 2011 ci siamo persi tutti, ci abbiamo litigato, abbiamo fatto un casino. E poi da lì in poi è stato abbastanza un cambio di vita: chi è diventato padre, chi è andato in crisi, chi... sai, due mila cose. Adesso siamo qua che siamo dei vecchietti che… boh, siamo sempre pieni di richieste, "Tornate, per favore, tornate, fate qualcosa". Però siamo un po' allergici alle reunion. Non so, siamo... Ci stiamo un po' riannusando, mettiamola così. Siamo diventati molto amici e ci viviamo la nostra vita, capiremo. Ci sono dei progetti, ma boh, chi lo sa, non lo so... e basta. C'è, potrei esplodertene in 1000 altri aneddoti, però questo è più o meno la storia dei Linea.



NS Talks: Durante la tua carriera musicale hai visto cambiare radicalmente tutto: il modo di fare musica, il modo di inciderla, di distribuirla e di suonarla. Oggi sentiamo spesso, dai critici della nostra generazione, che i giovani musicisti non sanno suonare e che giocare con i programmi dei computer non è proprio fare musica. Tu invece sei uno che suona e che fa i beat e la produzione musicale, che oggi non è immaginabile senza computer. Come sei riuscito a conciliare queste due facce della musica?


Io le ho conciliate in maniera molto semplice: ho cercato di essere molto aperto, molto aperto, a livello mentale. È ovvio che se io penso a quello che sono stato, come sono cresciuto, e come era la musica ai miei tempi, però... è proprio questo "ai miei tempi", no. "Ai miei tempi" funziona un po' con tutti perché i tuoi tempi sono sempre più o meno, più o meno sono tra i 17 e i 30. Quello è "ai miei tempi". E ognuno vive "ai suoi tempi" e chiunque sente che quei "suoi tempi" erano giusti. Ma perché? Non perché erano giusti, perché lui era giusto, perché lui stava vivendo il momento in cui stai diventando uomo o donna, stai crescendo, stai capendo, sei curioso e provi e fai un sacco di esperienze, provi le droghe, provi a uscire, provi l'amore, provi tutto, le esperienze di vita. Quindi cosa ti accompagna in tutte queste esperienze di vita? La musica, no. Poi, ovvio, era molto diversa. Dovevi veramente farti il culo, non c'era, c'erano i computer, ma non c'era minimamente la possibilità di fare le cose che si possono fare adesso con i computer. Una volta i computer erano, ti registravano e basta. Io mi ricordo, il primo disco dei Linea 77 l'abbiamo fatto in un giorno con 500.000 lire, in uno studio qua a Torino e il tipo ci ha detto "Potete fare un edit", no, potete editare una cosa. Ma perché? Perché doveva smontare il nastro da una macchina grossa come questa cazzo di stanza, smontava il nastro, apriva il nastro, lo tagliava con le forbici, lo riattaccava con lo scotch, lo rimetteva sulla bobina, lo rimetteva dentro e lo faceva ripartire. Quello era l'edit. Questa cosa io adesso la faccio, e il nostro ctrl z, il nostro undo, quindi lo faccio, ne faccio milioni all'ora, non so come dire. Se tu pensi a questa cosa qua, capisci già la differenza delle due cose, no? Cioè quando c'è una macchina di mezzo, un computer, ti permette di fare delle robe assurde che ovviamente ti portano a non fare più tutto quello che dovevi per forza fare prima, cioè se ti veniva male, la dovevi fare finché non ti veniva bene. Se ti veniva bene, ma non aveva abbastanza groove, abbastanza potenza, la dovevi rifare. C'è una canzone, ad esempio, nel 2008, comunque la tecnologia era già bella avanzata, Toby Wright ci ha detto "Io vi produco il disco, ma voi dovete suonare tutto, dalla A alla Z – one take, ogni canzone, io non voglio fare edit, ma non perché non c'ho voglia, ma perché la vostra forza è proprio il live". Bene, La nuova musica italiana l'abbiamo fatta trentotto volte di fila, siamo arrivati col sangue nelle mani, alla fine della giornata. Trentotto, poi ha scelto la diciotto. Questa cosa non la puoi spiegare ai ragazzini di adesso. Tu prendi un MacBook Pro con, non so, 1.200€, 1.800€, 1.500€. Tu puoi fare il panico adesso. Infatti cosa sta succedendo? Sta succedendo che la musica adesso suona tutta benissimo. Cioè tu tutto quello che fai con la musica comunque suona bene perché si parte da un livello di suono perfetto. Tu quando lo compri un MacBook Pro ti danno degli strumenti per suonare anche la chitarra finta, che la suoni con la tastiera midi, che sembra una chitarra... se io ti faccio sentire una chitarra vera e una chitarra finta, tu non te ne accorgi, non c'è niente da fare. Stessa cosa per gli archi, stessa cosa per la batteria. Poi adesso con i plug-in puoi gestire l'intensità delle bacchette, il rumore di sottofondo, puoi mettere gli uccellini che si sentono nei microfoni, cioè puoi fare delle cose veramente assurde. Ahimè, tutta questa cosa sta appiattendo completamente la musica. Perché? Perché suona tutta uguale, tutta finta perché è finta, cioè non c'è nient'altro da dire. Quando senti i Sonic Youth, che sono una band di New York che suonava obiettivamente male, era proprio quel male che ti faceva emozionare. Io li sento ancora adesso, mi vengono i brividi alti così. Quando senti anche solo Lou Reed, i Velvet Underground, li senti quei dischi che puzzano proprio di quella stanza marcia di New York, no, dove tu vuoi quella roba lì. Adesso quella roba lì non la puoi più ottenere, perché quelle cose finte, quelle robe lì non le ottieni più.


In più, ritornando al discorso di prima, quindi ad esempio un pezzo come Mandela di Margherita Vicario in cui invece c'è un casino di... ci sono tanti mondi musicali, c'è molta teatralità, anche questo è un grande scoglio, no? Soprattutto in Italia non si sa bene per quale motivo però appena diventi un pelino più... c'è appena stai dicendo delle cose, ma anche un po' magari non dico impegnate, però sì, impegnate che dai un messaggio sociale, la radio comincia a dire "Eh però c'è il messaggio sociale", e ho capito c'è un messaggio sociale, cioè stai cercando di dire qualcosa nella mia musica. Se tu senti adesso tutto quello che va in radio, quello che va in classifica, sono canzoni usa e getta, composte apposta per essere usa e getta, ma non solo nel mercato estivo, eh, che vabbè, lì ok, hit estiva proprio. Ormai sono le canzoni, sono come dei brand, no? Hanno tutti quanti un nome unico nel titolo, no, e hanno una grafica bella, precisa. C'è il video a tema, sono dei brand, dei piccoli brand che durano sei mesi e poi l'anno prossimo ci sarà un altro brand. E sono canzoni totalmente vuote che non parlano di nulla. Anche grandi artisti hanno canzoni totalmente vuote perché riempiono degli spazi di mercato radio per la gente che non ha passione della musica, usa la musica come sottofondo della propria vita in maniera così casuale, no, però non vuole apprezzare veramente l'importanza della musica e delle emozioni che può darti una musica. Questo, a parte il mercato estivo, ahimè, si sta portando anche in tutto il resto dell'anno. Cioè, è molto difficile che tu adesso vedi, ma in qualsiasi paese, non solo in Italia, nei primi 50 posti della classifica, qualcosa di veramente artistico. Ecco, tutta la parte artistica della musica esiste ancora, per fortuna e anche tanto. E anche meglio, perché suona comunque meglio, è tutto più bello, tutto più facile, puoi fare 1000 cose, però non va in classifica, semplicemente non va in classifica, non va in radio, non viene divulgata. Se la vuoi, te la devi andare a cercare. Che è un po quello che succedeva anche negli anni 90', eh, perché comunque anche negli anni 90' le classifiche erano merda. Detto questo, io per fortuna ho trovato la mia tranquillità. Non sono uno di quei producer che a ogni costo deve finire in classifica, ma non mi interessa davvero nella vita, sono super appagato di quello che faccio, di quello che sono. Poi se mi chiedi di fare una hit vuota e mi dai 5.000€, io te la faccio. Cioè, non c'è nessun problema, non c'è nessun problema, non mi vergogno a dire che lo faccio. Molto del mio lavoro e anche solo soldi, marchette. Poi però quando devo fare le mie cose, le faccio come dico io. Ecco con tutte le difficoltà nel mezzo, ma non mi interessa. Sono riuscito a distinguere le mie due facce, cioè, Dade artista e Dade lavoratore, ecco. E riesco a conciliare tutte e due le cose senza farmi troppo il sangue amaro, ecco. Poi non ho io personalmente... non sono molto egocentrico, non ho velleità di stare in prima persona davanti, voglio che il mio nome esca fuori, Dade qua, no. Anzi, mi piace molto l'idea di stare dietro, di aiutare qualcuno a stare davanti, però meno si sa che ci sono io, meglio è.



NS Talks: L’anno scorso con Salmo e la band di cui fai parte siete riusciti a fare una cosa che pochi gruppi che suonano quel tipo di crossover possono raggiungere: avete riempito San Siro. Dal documentario che è stato fatto su questo evento si intuisce un’incredibile energia, una cosa che va oltre la musica. Ci racconti come sono andati i preparativi e come hai vissuto il giorno del concerto?


Noi, mi ricordo che stavamo... avevamo preparato tutto San Siro a fine febbraio 2022, 14 giorni di prova, eravamo già super caldi, arrivavamo da un'estate di concerti, tutto fatto, la settimana dopo: lockdown. Quindi poi disastro mondiale, concerto rimandato, annullato, un disastro. Nel frattempo Mauri (Salmo, ndr) scrive un altro disco, fino a che arriviamo che finalmente quel concerto si poteva fare. E Maurizio lì furbamente ha capito che era un evento storico anche per noi, quindi ci ha portato in Sardegna, in questo posto in mezzo alla Barbagia, questo agriturismo assurdo, ma proprio assurdo in mezzo alla Sardegna non c'era niente, c'abbiamo messo 50 minuti ad arrivare, c'era quel coso lì, è una marea di capre e di vegetazione. E siamo stati rinchiusi là dentro per 18 giorni a provare, provare, suonare, riprovare, stare insieme, provare, suonare insieme fino a che non siamo arrivati alla fine a essere veramente delle belle macchine da guerra. Eravamo pronti, ok? Dovevamo affrontare questa cosa che per noi era, boh, incredibile. Solamente a dirla "San Siro", uno stadio... pazzesco. Mi ricordo ancora che quando siamo arrivati con lo stadio vuoto ho detto "Wow, ma veramente stiamo per fare questa cosa qua?" Ma niente, ancora non avevo capito nulla, nel senso che l'ho capito nel momento in cui con gli in ear ci siamo tutti quanti salutati prima del concerto, quando siamo usciti dal tendone, ecco lì ho capito la gravità della cosa, perché non è solamente la quantità di persone, è proprio l'energia che si sprigiona che ti annichilisce. Puoi essere il più esperto del mondo, magari adesso Vasco (Rossi, ndr.) è un po', come dire, ne ha fatti talmente tanti che è un po' assuefatto a questa roba qua. Però la prima volta, ti assicuro che è paragonabile a dieci orgasmi. Cioè per uno come me, per uno, per gente come noi che vive per quel momento lì, è stata un'esperienza mistica, mistica, veramente metafisica. Io mi sono ritrovato a piangere durante il concerto, mentre suonavo, con le lacrime che mi scendevano. Ma non stavo suonando una canzone d'amore particolarmente emozionante. Era proprio che non riuscivo a trattenere tutta la botta che avevo di energia, di sensazione, di quello che ti arrivava dal pubblico. Perché non solo vedi tutte le facce sotto, è stata una roba... c'è quando anche Maurizio ha detto a Davide, che è il nostro luciaio, "Spegni tutto, accendete i telefonini o gli accendini", è stata una roba proprio, sembrava di essere in mezzo al cielo, al cielo stellato, è stato veramente metafisico, metafisico, un'energia assurda, non abbiamo sbagliato niente, ci siamo divertiti, ci siamo abbracciati. Lì è nata veramente un'unione di band, ecco, lì siamo diventati davvero una grande band. Ci siamo anche dati un nome, Le carie. Abbiamo fatto anche dei pezzi insieme, ne faremo ancora. Quella roba lì è stata un tassello della mia, diciamo, della mia vita molto importante, molto forte, che spero di rifare, ma se non lo rifaccio, guarda, sto bene così perché me lo ricorderò per sempre, talmente tanto che ce lo siamo tutti tatuati addosso il giorno stesso, appena finito.



NS Talks: Sei un artista molto curioso, in continua ricerca. E recentemente hai varcato un nuovo confine: hai composto la colonna sonora di un film. È la prima volta che fai le musiche per un film? Come ti sei trovato?


Allora sono arrivato adesso, nel 2023, ad avere una grande voglia di lavorare con la musica, anche in maniera diversa. È una delle cose che mi sarebbe sempre piaciuta, ma fin da quando ero più pischello, sarebbe stata quella di poter fare, di poter lavorare nel cinema, di fare delle colonne sonore, cioè di sonorizzare delle immagini. Poi per fortuna questa occasione è arrivata grazie alla mia cara amica che è Ines Vasiljevic di Nightswim, che mi ha proposto di fare la colonna sonora di un film che si chiama Io e il Secco, che è un'opera prima di un regista, penso marchigiano, Gianluca Santoni, che appunto mi ha detto: "Ti va di fare questa cosa?" Io ho accettato subito, mi ricordo che ho proprio cancellato tutto quello che dovevo fare in quel periodo lì, perché mi interessava troppo questa cosa e finalmente sono riuscito a farla. L'ho fatta ed è stata un'esperienza bellissima che sinceramente non vedo l'ora di rifare, perché fare colonne sonore è proprio, non so come dire, almeno per me è proprio essere libero. Ecco, non riesco a descrivere un altro modo di sentirsi coinvolti dentro la musica. Quando fai delle colonne sonore tu sei libero, non devi pensare… A parte che non hai nessun artista con cui confrontarti, che comunque sono tutti dei rompicoglioni assurdi, perché da producer comunque gestire tutte le paranoie degli artisti che c'hanno questo ego gigantesco, anche all'interno delle canzoni, è una parte fondamentale. Cioè, fare lo psicologo è metà del lavoro. Ecco, lì non ce l'hai. Devi, devi comunque riuscire a dare, cioè puoi e devi dare, come dire un mood, una sensazione, un'emozione a delle immagini che già ci sono. E questa cosa è una sfida assurda, perché tu puoi completamente rovinare un film con una colonna sonora, come invece puoi farlo esplodere veramente in tutta la sua bellezza. E non è per niente facile fare questa cosa. Me ne sono reso conto adesso che ne ho fatta una. Ho imparato tantissimo, tante cose, magari le farei in maniera diversa adesso, però è normale, oh, si cresce, si continua. Fare le colonne sonore per un producer come me proprio ti libera da tutta una serie di dogmi che devi seguire: la struttura della canzone, l'ansia dell'artista che comunque vuole finire in classifica, comunque vuole vendere il suo prodotto, eccetera, eccetera. Non devi essere legato a dei tempi, puoi fare magari dei temi che durano 10 minuti o puoi fare un'emozione gigantesca in 4 secondi, con un suono solo. Puoi essere minimale, puoi essere invece caotico, puoi essere di tutto. Dipende ovviamente anche sempre dal film. Nel caso di Io e il Secco, che per me è un film bellissimo che mi ha emozionato tanto anche quando non aveva la musica. Cioè io ho pianto subito, la prima volta che l'ho visto, ho pianto subito. E lì ho capito che volevo farlo assolutamente. L'avrei fatto lo stesso, ma ancora di più, mi ci sono proprio applicato. Mi è piaciuto molto anche l'approccio del regista che mi ha sempre detto "Non voglio utilizzare la musica come commento a quello che succede". Cioè quando arriva la musica, ad esempio in questo film quando arriva la musica – arriva la musica. Non dà mai il commento di magari, che ne so, c'è un momento di tensione non c'è mai quel commento musicale che amplifica la tensione, che a volte può diventare anche stucchevole, no, ridondante, eccetera, eccetera. Questo mi è piaciuto tantissimo, devo dire, l'approccio proprio del regista che ha dato l'importanza giusta alla musica, cioè quando arriva – arriva. In più, vabbè, ho fatto anche, mi sono fatto venire anche un po' di idee e ho trovato anche un modo di coinvolgere una band che mi piace molto, che sono I santi francesi, rifacendo una grande canzone italiana che fa parte del film, grande canzone italiana di cui ero super fan. Avevo fatto una specie di remix e adesso diciamo l'artista in questione, che non dirò chi è, la sta ascoltando e speriamo che apprezzi. Spero e credo di sì, perché è venuta una bella bomba. Quindi io sono veramente molto soddisfatto. Non vedo l'ora di farne un altro e ho anche un po' in progetto di cominciare a studiare qualcosa di mio. Non so se voglio fare un film, però ho delle idee.



NS Talks: Mi ha colpito quello che hai detto sulla perdita delle imperfezioni nella musica, perché una cosa simile è successa anche nel cinema. Che rapporto hai in generale con il cinema e con la nuova era digitale delle piattaforme?


Non mi sono mai, non sono mai entrato così tanto, se non proprio adesso, con questa colonna sonora che ho fatto, all'interno del mondo cinema. L'ho sempre visto da spettatore esterno, però è stato per me ancora adesso una delle più grandi ispirazioni di sempre. Cioè io quando cerco dell'ispirazione o viaggio o posso permettermi di prendere un aereo, andare in Malesia e vivere due settimane, allora lì mi riempio il cuore di esperienze e quindi poi posso raccontarle o se no per me è l'unico modo di trovare ispirazione a parte la mia vita quotidiana, che però è anche un po’ noiosa sotto certi punti di vista, sono papà di due bambine che vanno a scuola, non è che posso raccontare chissà che cosa. Il cinema per me invece, veramente, non solo è una via di fuga dal quotidiano, ma proprio una ricerca di ispirazione. Ti faccio un esempio: il mio primo disco solista, che ho fatto nel 2003, l'ho fatto perché mi ero lasciato con una ragazza, stavo malissimo. Sono andato a vivere per due anni all'interno del granaio di mio fratello. Fumavo una quantità di erba spaventosa, dalla mattina alla sera fumavo erba continuamente, guardavo film, eccetera, eccetera, e suonavo, suonavo, suonavo e ho fatto il mio primo disco che si chiama, il progetto si chiama Anti Anti. L'ho fatto insieme a Fabri Fibra, Caparezza, Samuel dei Subsonica, Gionata del Teatro degli Orrori, ci sono un sacco di amici all'interno. E quel disco si chiama Il tappeto dava un tono all'ambiente, citazione de Il Grande Lebowski che è in assoluto, credo, il mio film preferito di sempre. Per farti capire quanto sono ispirato dal cinema. Adesso, a parte che ho veramente un fastidio, un fastidio contro queste cazzo di piattaforme, contro l'algoritmo, fondamentalmente, cioè non c'è verso che mi propongano qualcosa che davvero mi interessa. Cioè, se io guardo, non so, per dire, un documentario di mafia, cazzo, c'ho la roba piena solo di documentari di mafia, non riesco proprio a trovare il modo di cercare qualcosa, neanche con le parole chiave. Non so come dire, ho un serio problema. Ho tutto, c'ho Amazon Prime, Netflix, Disney, Now TV, qualsiasi cosa... oh, per trovare una roba interessante devo sempre andare nel passato. Solo che la mia donna, ad esempio, che è allergica a rivedere i film, io sono uno di quelli che rivede i film 1000 volte, no, lei una, non c'è verso poi che me lo faccia rivedere, neanche se le è piaciuto, non c'è proprio verso. Quindi, cosa faccio? Ultimamente, quando mi... sono un po' pieno di musica, in questo momento, sto dipingendo, dipingo quadri, così per passione e mi faccio tipo una settimana in studio a dipingere quadri senza musica, metto solo film, no, a loop, che guardo, sento, mi accompagnano, eccetera. Ultimamente ho fatto una settimana del genere, mi sono reso conto che cercavo roba nuova... ci provavo anche, arrivavo dopo 20 minuti dicevo "Che palle, oh" e via. Mi sono riguardato tutti i grandi classici: La leggenda del pianista sull'oceano, Quei bravi ragazzi, Casino... Lo so, te ne posso dire mille, però tutti di un po' di tempo fa. Io non so, anche le serie, minchia, l'ultima serie che mi ha davvero preso, ti giuro, è stata Lost. Cioè per farti capire quanto... un po' Dexter, un po' dopo. Poi ho visto delle cose carine, interessanti, però mi annoiano. Non lo so. Mi annoiano, mi sembrano... sembra di perdere tempo. Non so come dire. Non mi emozionano mai così tanto da dire "wow!". Ecco, una serie che mi è piaciuta molto è stata White Lines, girata a Ibiza, una roba pazza. Però faccio, faccio molta difficoltà, devo dire, faccio molta difficoltà con questo appiattimento e, ahimè, io ho un po' paura che stia solo peggiorando, cioè anche con l'avvento dell'intelligenza artificiale. Io ad esempio, grazie all'intelligenza artificiale nel mio lavoro adesso faccio cose che se ci pensavo una volta dicevo: "Questa cosa cos'è? Il futuro, è il 3050". Adesso io posso prendere, per farti un esempio, mi piace la batteria di Ob-la-di ob-la-da dei Beatles, io con un sito, che lo paghi 20€ al mese, io posso prendere quella batteria suonata da Ringo Star, pulita da ogni singola nota di basso, chitarra, voce, estrapolarla, campionarla e riusarla per un mio brano con quel suono lì. Cioè se tu ci pensi, è una roba assurda, come se voi del cinema poteste prendere, non so, i muscoli di Brad Pitt in quel film là, di Thor, e metterli sopra Santamaria, non lo so, ho fatto un esempio. C'è, sono degli accrocchi mostruosi, perché sono veramente mostruosi, che a me spaventano veramente tanto. Cerco di usarli il meno possibile. Infatti mi sono appena comprato una piccola batteria, ma suono male io, però mi faccio le mie cose io. Cerco di non utilizzare mai delle robe precotte, ecco. Però, oddio, se siamo arrivati così avanti in così poco tempo, io non lo so, nel 2030 che cosa succede? Ogni tanto parlo anche con Maurizio di questa cosa, con Salmo, che è molto, molto sensibile a questo argomento, tant'è vero che anche durante il live, anche durante San Siro ha messo un grande monologo su questa cosa qua, che ha scritto lui. E' anche lui molto appassionato di cinema, vuole fare l'attore e anche bravo, secondo me. Però quello che diciamo spesso, che un po' mi conforta, io credo che più si andrà avanti verso questa direzione qua, comunque più da un altro lato nascerà davvero un mercato sotterraneo, com'era anche proprio negli anni ‘80, ‘90, un mercato sotterraneo ancora di più in contrasto con questa cosa qua, dove, che ne so, sarà vietato utilizzare un computer, no. Ad esempio io seguo tantissima gente su Instagram che fa un po' questo gioco del "guarda mamma senza mani". Cioè, sai quando andavi in bicicletta che andavi senza mani, dice "guarda mamma senza mani". Ecco "guarda papà senza computer" e fanno delle robe con gli oggetti di uso quotidiano, musica, eh, senza nessun tipo di computer che suona come una roba che dici "wow, bellissimo, bellissimo". Ci sono certi artisti veramente fighi, veramente fighi. Ecco, questa cosa mi piace, mi piace. Secondo me è sempre così: più il potente cresce, più la rivoluzione inizia, dall'altra parte. Almeno spero. Poi non so se riuscirò a vederla, se ne farò parte… se ne farò parte, sarò sicuramente da questo lato qua, dalla parte rivoluzionaria. Cercherò di non farmi inglobare.


NS Talks: Hai detto che sei papà di due figlie che vanno a scuola. Che rapporto hanno con il tuo lavoro? Cerchi di indirizzarle musicalmente o lasci che il loro gusto si formi anche in base a quello che ascoltano i loro coetanei?


Anch'io me lo sono sempre chiesto, adesso che c'ho delle figlie che non possono ascoltare musica di merda, però il concetto è che non si può catalogare musica di merda, musica figa – c'è, e torniamo sempre lì: ognuno deve vivere la propria esperienza, no, con la vita, e quindi anche con la musica. Quindi diciamo che io per natura non passo mai una giornata senza ascoltare musica. Non succede mai. Quando entro in macchina, c'è della musica, quando arrivo a casa, c'è della musica, e poi è il mio lavoro. Quindi la cosa che mi piace fare con mie figlie, per esempio, è usarle come primo tester, perché hanno una purezza nell'ascolto che tu non puoi trovare da nessun'altra parte. Nessun uomo di trent'anni ti potrebbe dare dei commenti così spietati e giusti, no, che loro sono spietate, "no, ma fa schifo", cioè che a loro non arriva – non arriva; se gli arriva una botta che le fa piangere – gli arriva. Capito? Quindi è ovvio che adesso mia figlia ha dieci anni, posso cominciare davvero a entrare un po' anche dentro il testo, "cosa hai capito?"... Molto spesso le chiedo "Ma tu cosa hai capito da questa canzone?" che magari ha un testo un po' sai... Oh, le risposte che mi dà mi lasciano sempre atterrito, perché vede tutto quello che io non riesco a vedere. Quindi diciamo che io le lascio molto libere. Hanno avuto, stanno avendo e hanno avuto tutta questa cazzo di roba dei youtuber che fanno delle schifezze assurde. Io cerco in tutti i modi di bloccargli gli account. Perché ci sono alcune robe che proprio non possono… c'è non voglio che vedano per un’educazione proprio, quindi blocco proprio l'account. Però sgattaiolano sempre via in qualche modo. Se tu gli lasci il controllo di questa cosa, l'algoritmo è più forte e va a beccare sempre, sempre, non c'è verso. Le lascio molto libere. La mia più grande, che ha appunto dieci anni, canta anche, fa coro, fa un coro – non in chiesa perché non siamo per niente credenti noi – fa un coro abbastanza, un coro misto in cui fanno canzoni anche africane, argentine, italiane, un po' di tutto. Adesso per la prima volta lei andrà in Portogallo, giovedì, da sola, a dieci anni, con queste ragazzine, questo maestro. Io ho detto "Ma pensa te questa prende l'aereo adesso, va in Portogallo a fare un concerto, da sola, quattro giorni". Poi torna e i ragazzini del Portogallo se li porta qua, e dovremo ospitarli eccetera. Quindi è molto sano… la relazione che lei ha, mi ha detto "Papà voglio... ho scritto un brano con la mia amica del cuore, voglio che me lo produci", e glielo prodotto. Mi sono divertito un casino, gliel'ho prodotto, adesso devo finirglielo per bene e ho cercato di aiutarla, no, la seconda strofa non va tanto bene. Sto cercando di fargli capire il ritmo, ad esempio, che è una roba sconosciuta per chi inizia. Lei scrive cose, anche le rime, non le scrive all'inizio, no, scrive tutto, scrive la sensazione che vuole dare. Poi le ho detto "Adesso devi metterla sotto forma di canzone", quindi la sto aiutando. Però ecco, non la obbligo per niente. Mi fa ridere quando gli faccio ascoltare cose che a me piacciono, tipo che ne so, i NOFX, per dire, punkrock, così, la più grande comincia a dire: "hm, figo, però, questa melodia mi piace molto", la "melodia", per dire. L'altra si copre le orecchie, sai, ha sei anni, quindi ci va ancora un po'. La seconda comincia, quella più grande, comincia ad esempio a intripparsi con un po' di rap, cioè della rima, non tanto del rap, proprio della rima. E quindi comincia a parlarmi anche un po' in rima, insomma, sto facendo un percorso molto libero, le lascio libere, le lascio libere di sperimentare. Ascolteranno della merda totale fra un nanosecondo e già me la vedo a 13 anni che mi porta a casa roba, il trap e tutta sta roba qua che mi verrà la pelle d'oca. Però è giusto che se l'ascolti, cioè te l'ascolti, è giusto che faccia i suoi sbagli. Io anche ho ascoltato un sacco di schifezze nella vita. Oh, è giusto così.






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